“What’s going on”: 50 anni fa la perla di Marvin Gaye sull’America in tumulto. La vita tragica del Principe del soul, ucciso dal padre
21 maggio 2021, ore 15:00
Era il grande seduttore della musica black. Il ritorno del fratello dal Vietnam lo spinse a incidere un album-capolavoro, che segnava gli anni più laceranti della guerra e del razzismo. Malgrado il successo, coltivava istinti suicidi. E a Natale ‘83 regalò una pistola al genitore
UN DISCO EPOCALE, E SCOMODO
DUE COLPI NELLA SMITH 6 WESSON
Ma neppure il trionfo di critica e pubblico di “What’s going on” restituì pace all’anima di Marvin, in perenne esilio da se stesso. Si sentiva in colpa per i problemi irrisolvibili nell’unione con Anna e si rifugiò in Europa, lontano da tutto e tutti. Anche dalla folle idea di diventare, a 31 anni, un giocatore di football professionista nei Detroit Lions. Lo provinarono, era un attaccante niente male, ma i Lions non vollero prendersi la responsabilità di vedere i difensori avversari che frantumavano le ossa di un mito del soul. Così Marvin continuò la carriera da campione del palco, con la grande rivincita di “Midnight Love”, l’album dell’82, e del supersingolo “Sexual healing” perfetti per riaccreditarlo come latin-lover della musica nera. Non bastò: si decise per il ritorno a casa, ma in quella dei genitori, in California. A Natale ‘83 regalò una Smith & Wesson calibro 38 al padre. In cuor suo sapeva che l’avrebbe usata alla loro prima lite. Che avvenne la sera del 1° aprile 1984, alla vigilia del suo 45mo compleanno. Il genitore-tiranno stava urlando contro la moglie. Marvin salì nella stanza e lo affrontò. Ci fu uno scontro fisico. Il padre uscì dalla camera, rientrò e gli sparò due colpi a bruciapelo in petto. Gaye morì tra le braccia del fratello Frankie. Le sue ultime parole furono: “Ho avuto quello che volevo, ma non avevo il coraggio di farlo da solo. Così ho spinto lui a uccidermi”. Il principe infelice chiuse gli occhi davanti al soldato. E a una madre troppo amata.