27 agosto 2022, ore 15:22
Molteplici colpi al cranio e anche altre lesioni rilevate a livello del torace. Alessandra Matteuzzi è stata massacrata a martellate dal suo ex. Giovanni Padovani è un soggetto pericoloso, era stato denunciato, ma non è servito
CRANIO SFONDATO
I primi risultati dell’autopsia raccontano la brutale violenza con cui Alessandra Matteuzzi è stata massacrata. La cinquantaseienne è stata uccisa a martellate dall’ex compagno, il ventisettenne Giovanni Padovani. L’ha aggredita sotto casa e non le ha lasciato scampo. L’esame autoptico ha rilevato molteplici colpi al cranio e anche altre lesioni all’altezza del torace. La causa della morte individuata dal medico legale Guido Pelletti sarebbe dunque un'emorragia dovuta allo sfondamento del cranio. La vittima non è morta subito. Soccorsa subito dopo l’aggressione, è stata portata in ospedale in condizioni disperate. E dopo un paio d’ora è morta.
SOGGETTO PERICOLOSO
Giovanni Padovani aveva dato molteplici segnali del suo essere uno stalker violento, ossessivo, geloso, iracondo, minaccioso. In una parola: pericoloso. E Alessandra Matteuzzi aveva messo tutto nero su bianco in una denuncia. Che però non è bastata a salvarle la vita. Il 29 luglio, meno di un mese prima di essere uccisa, la donna aveva scritto: “Tutte le volte in cui io ho accondisceso alle richieste di Padovani è stato per paura di scatenare la sua rabbia. Alla luce di tutte le occasioni in cui è riuscito ad accedere al condominio dove abito, ho sempre timore di ritrovarmelo davanti ogni volta che torno a casa, o quando apro le finestre”.
SOCIAL SOTTO CONTROLLO
Alessandra Matteuzzi ha denunciato di essere controllata costantemente sui social dal compagno. Oltre alle richieste continue di inviargli foto e video per dimostrare dove si trovasse, la donna uccisa a Bologna da Giovanni Padovani aveva riferito ai carabinieri, nella querela sporta il 29 luglio, di aver scoperto che le password dei suoi profili erano state tutte modificate. "Ho potuto constatare - raccontava - che erano state modificate sia le email che le password abbinate ai miei profili, sostituite con indirizzi di posta elettronica e password riconducibili a Padovani. Inoltre ho rilevato anche che il mio profilo Whatsapp era collegato a un servizio che consente di visualizzare da un altro dispositivo tutti i messaggi da me inviati. Ne ho quindi dedotto che nei giorni in cui era stato da me ospitato era riuscito a reperire tutte le mie email e le mie password che avevo memorizzato nel telefono”.
FOLLE GELOSIA
Ad accecare Giovanni Padovani era una gelosia quasi patologica. Nella sua querela, Alessandra Matteuzzi aveva raccontato: “Il nostro rapporto si basava sempre sull'invio da parte mia dei video che lui mi aveva chiesto e di videochiamate, ma questo non e' bastato a frenare la sua gelosia, perchè i dubbi sulla mia fedeltà non sono mai passati. Anche una semplice foto da me postata sui social e che inquadrava le mie scarpe appoggiate sul cruscotto dell'auto al rientro da una trasferta di lavoro era stata motivo di una sua scenata. E’ stato più volte aggressivo nei miei confronti, non ha mai usato violenza fisica, sfogando la sua rabbia, sempre dovuta alla gelosia, con pugni sulla porta”. Quattro giorni fa la violenza di questo assassino si è scagliato contro quella che ora sembra una vittima sacrificale. Questa storia dovrebbe insegnare a tutti ( vittime, familiari, forze dell’ordine, inquirenti) a non sottovalutare segnali del genere.