28 gennaio 2021, ore 17:00 , agg. alle 11:33
I dati di Assaeroporti certificano la crisi degli scali italiani a causa della pandemia, nel 2020 il calo di passeggeri è stato del 70%; le difficoltà economiche non riguardano soltanto le compagnie aeree ma anche l'indotto
AEROPORTI DESERTI
Un anno fa, di questi tempi, si parlava già del coronavirus. Ma negli aeroporti la vita scorreva regolare: il solito via vai di passeggeri, code ai check in, ai controlli di sicurezza e agli imbarchi. Magari si iniziava a vedere qualche mascherina in più, fino a poche settimane prima era una esclusiva prerogativa degli orientali. Poi all’improvviso è calata la scure: la pandemia ha portato a un blocco i viaggi, che fossero per lavoro o per vacanza. Durante il lockdown di primavera alcuni aeroporti hanno chiuso i battenti, altri sono rimasti aperti ma con una operatività molto ridotta. Camminare nei corridoi di Fiumicino ad aprile era una esperienza surreale: capitava di non incontrare nemmeno una persona in tratti solitamente affollati da migliaia di persone. L’estate ha portato a un piccolo miglioramento, l’autunno a una nuova flessione. Ora gli aeroporti non sono più desertici, ma restano vuoti.
I NUMERI DELLA CRISI
Oggi Assaeroporti ha messo nero su bianco i numeri della crisi: il sistema aeroportuale italiano ha chiuso il 2020 con soli 53 milioni di passeggeri contro i 193 milioni del 2019. In un anno sono stati persi 140 milioni di viaggiatori, ovvero il 72,6% del traffico. In Italia non hanno volato 7 passeggeri su 10 e ad essere maggiormente penalizzate sono state le destinazioni fuori dall’Unione Europea, per le quali il calo è stato dell’81,2%. Le destinazioni europee hanno fatto segnare una flessione del 77,5%; più contenuta, ma comunque significativa, la riduzione del traffico nazionale: - 61,3%. Unico settore a reggere è quello del cargo, il traffico merci è calato ma soltanto del 23,7%. Con pochi passeggeri in viaggio, è ovviamente crollata anche la serie di collegamenti offerti dalle compagnie: in Italia la connettività è calata del 90%: questo significa che su dieci rotte ne è sopravvissuto soltanto una. Secondo gli esperti per tornare ai livelli del 2019 si dovrà aspettare fino al 2026, la risalita ci sarà ma sarà lenta.
L'ALLARME DI ASSAEROPORTI
Il presidente di Assaeroporti Fabrizio Palenzona non ha fatto giri di parole per commentare i dati di quest’anno: “I risultati del 2020 confermano le fosche previsioni di un anno disastroso per gli scali aeroportuali italiani. Il Governo ha messo in campo misure sia di natura economica per la compensazione dei danni subiti dai gestori aeroportuali, sia in materia di ammortizzatori sociali. La situazione rimane però pesantissima. Non vanno perse le opportunità offerte dal Recovery Fund, tenuto conto che gli aeroporti sono strategici per la ripresa dell'economia, del turismo e per la connettività del Paese”.
IN CRISI ANCHE L'INDOTTO
Il settore aereo è in ginocchio: le grandi compagnie internazionali in pochi mesi hanno bruciato i guadagni accumulati in decenni; figurarsi le compagnie che già prima della pandemia faticavano a far quadrare i conti. Negli aeroporti di tutto il mondo si vedono aerei accantonati, con i motori sigillati. Piloti, assistenti di volo, dipendenti aeroportuali vedono il loro posto di lavoro a forte rischio. Ma la crisi riguarda anche l’indotto: i grandi aeroporti ormai assomigliano a centri commerciali, con ristoranti negozi di ogni tipo che ora nella maggior parte dei casi sono chiusi. Si pensi poi al sistema dei trasporti che collegano le città agli aeroporti. E intorno agli scali ci sono alberghi e parcheggi che da quasi un anno sono inesorabilmente e tristemente vuoti.