Italia sempre meno un paese per giovani, lo certifica l’Istat -3 milioni dal 2002 a oggi
12 ottobre 2023, ore 15:58
Per i giovani si parla di “inverno demografico”, il nostro è il Paese Ue con la più bassa incidenza di 18-34enni sulla popolazione
Ci si sposa sempre più tardi, nascono meno figli e la popolazione invecchia sempre di più. È la fotografia che emerge dall’ultimo rapporto Istat sui giovani. Quest’anno in Italia si contano circa 10 milioni 200mila giovani in età 18-34 anni, ovvero 3 milioni in meno rispetto al 2022, ovvero il 23% in meno. Giovani che sono i protagonisti del cosiddetto "inverno demografico". Dal 2002 la perdita è di oltre 3 milioni (che equivale al 23,2%in meno. L'Italia, inoltre è il anche Paese Ue con la più bassa incidenza di persone di età tra i 18 e i 34 anni sulla popolazione (nel 2021 17,5%; media Ue 19,6%). A soffrire di più la perdita di giovani è il Mezzogiorno, nonostante ce ne siano di più rispetto al nord- La quota di chi si trova in questa fascia di età è maggiore nel Mezzogiorno (18,6%) rispetto al Centro-nord (16,9%). Anche se leggendo tra i dati dell’Istituto di statistica la flessione è molto severa (-28% dal 2002). E la situazione non è delle più rosse: nel 2061 gli ultra-settantenni saranno il 30,7% della popolazione residente nel Mezzogiorno, contro il 18,5% nel Centro-nord.
Matrimoni & figli
Se ci sono sempre meno giovani, diminuiscono anche i matrimoni e nascono sempre meno figli. L'età media al primo matrimonio degli italiani è di circa 36 anni per lo sposo (era del 32% nel 2004) e del 33% per la sposa (era del 29 nel 2004). Meno matrimoni significa anche meno figli. La prima procreazione per le donne è in continuo aumento. Oggi è a 32,4 anni contro 30,5 nel 2001. Questo, sostiene l’Istituto di statistica, rischia di interferire con il ciclo biologico della fertilità e di alimentare l’"inverno demografico".
Millennials al Sud molto più istruiti del passato
Il rapporto mette anche in evidenza che tra i giovani meridionali i cosiddetti “millennials” sono più istruiti, soprattutto per la visibile riduzione della componente con titoli inferiori al diploma (24,4%) ormai superata da quella terziaria (27,8%). E' quanto rileva l'Istat nel Report "I giovani del Mezzogiorno", pubblicato oggi. Negli ultimi anni secondo l'Istituto di statistica, è in aumento la propensione agli studi universitari, soprattutto nel Sud Italia. Nell'anno scolastico 2021-22 sono 58 i matricolati per 100 residenti con 19 anni (56 nel Centro-nord) 47 iscritti ogni 100 19-25enni (41 nel Centro-nord), 22 laureati (anno solare 2022; I e II ciclo) ogni 100 23-25enni. Le matricole aumentano soprattutto nelle Regioni dove è più alta la disoccupazione e basso Prodotto interno lordo pro-capite (fra il 2010 e il 2022: Sicilia +15,6 punti; Sardegna +13,6; Calabria +10,9; di contro: Lazio +8,4; Lombardia +5). Dal Sud però si emigra anche per studiare. Da chi si iscrive (il 28,5% dei meridionali sceglie gli atenei del Centro-nord), sia per chi si laurea (39,8% in atenei del Centro-nord), sia nel post-laurea (dopo 5 anni solo il 51% lavora nel Mezzogiorno). Secondo l’Istituto di statistica si tratta di un paradosso, ma nel medio-lungo periodo, questo potrebbe alimentare una deprivazione ulteriore di capitale umano con competenze avanzate, indispensabile per il Mezzogiorno.
L’occupazione
Anche per quanto riguarda i giovani e l’occupazione, l’Istat mostra una carenza di opportunità lavorative stabili e di buona qualità nel Mezzogiorno. Dai dati emerge il tasso di attività (20-34 anni), già basso nella generazione precedente (60,3%) si riduce ulteriormente (54,4%), come il tasso di occupazione (41,6%, dal 45,3%), mentre resta molto elevato quello di disoccupazione (23,6%; 9,1% nel Centro-nord). Le Regioni con la più elevata disoccupazione e debolezza dal sistema produttivo presentano un accentuato impoverimento demografico di 18-34enni (dal 2002 a 2022: Sardegna: -39,8%; Calabria: - 32,2%), la maggiore estensione delle transizioni familiari (30-39 anni che vivono in famiglia: Sardegna 37,8%; Campania 35,1%; Calabria 34,6%), un'alta consistenza di Neet (Calabria 35,5%, Campania 34,7%, Sicilia 33,8%). Oltre un giovane meridionale su cinque (21,8% contro il 15% nel Centro-nord) si dice insicuro verso il proprio futuro. L'insicurezza aumenta nelle regioni con basso Pil pro-capite e alta disoccupazione: è minima in Piemonte (12,3%) e Veneto (14,9%), massima in Sicilia (27,9%), Calabria (25,1), Sardegna (22%) e Puglia (21,6%).