Londra, New York, Milano, quando lo smart working manda in crisi le metropoli
08 settembre 2020, ore 14:39
I dati parlano di dipendenti che preferiscono la casa all’ufficio per lavorare, con conseguente crollo delle attività economiche nella City a Londra; a New York, senza pendolari, crollo del mercato immobiliare a Manhattan e vendite record nei sobborghi e Milano soffre la fuga dalle aule universitarie e dalle scrivanie
E’ diventato sempre più urgente il tema dello spopolamento delle metropoli dopo la pandemia e la riorganizzazione del lavoro,con il massiccio ricorso alle modalità da remoto: il che porta con sé tante riflessioni. Una delle prime è lo svuotamento delle città che fino all’esplosione dell’emergenza coronavirus erano poli di attrazione lavorativi e che ora fanno i conti con un’emorragia di abitanti inarrestabile. Londra, la capitale della Gran Bretagna è diventata un simbolo di questo cambiamento, dei suoi impiegati nella City, il cuore degli affari, soltanto il 20% è tornato in ufficio. Un fenomeno che paragonato con i dati relativi al resto d’Europa dove fra il 70 e l’80% dei lavoratori è tornato in ufficio,mette i brividi. Strade fantasma, i locali di ristorazione sempre più vuoti e in molti casi costretti alla chiusura, le conseguenze negative del fenomeno. Mentre per chi, ormai in smart-working perpetuo, può lavorare stando a casa, qualche vantaggio c’è: lo stop al pendolarismo fa sì che lo stress da spostamento quotidiano si azzeri (il traffico sui mezzi pubblici si è ridotto del 70%), il rapporto non più diretto con colleghi e superiori produce benessere, il fatto di non dover più consumare costosi e poco salutari pasti fuori casa è altrettanto positivo.
A casa si mangia meglio ed è più economico
Un aspetto molto preoccupante della crisi della City londinese è rappresentato in modo emblematico della catena di ristoranti Pret à Manger, presente ovunque a Londra, dove si riversavano tutti gli impiegati in pausa pranzo: sono stati costretti a licenziare un terzo dei dipendenti perché la massa di clienti è sparita. La riflessione che si può fare immediatamente riguarda il fatto che per ogni lavoratore che resta a casa, ce n’è uno che perde il posto.
Anche il mercato immobiliare soffre per lo svuotamento delle metropoli
Non solo Londra. Se oltrepassiamo l’Oceano, ci accorgiamo di una medesima sofferenza anche a New York che non sembra più la stessa da quando il lockdown ha spinto milioni di persone a lavorare da casa. Senza i pendolari, che popolavano Manhattan quotidianamente, arrivando dai sobborghi con i mezzi pubblici, sono crollati anche gli acquisti immobiliari nel centro, in calo a luglio del 56% rispetto al periodo pre-Covid. Invece, nello stesso periodo sono aumentate del 44% le vendite delle case nelle contee suburbane
A Milano la popolazione residente è crollata
In Italia un caso per tutti è emblematico: quello di Milano, svuotata a causa del fenomeno del South Working, ossia studenti e lavoratori tornati nella loro città di origine, nel Sud Italia, da dove continuano a lavorare da remoto. Così la città considerata Capitale finanziaria, ha perso dodicimila residenti da febbraio a oggi: tradotto in altri termini, per effetto della pandemia da Covid, la città si svuota di duemila abitanti al mese. L’ultimissima rilevazione anagrafica dice che i residenti sono ora 1.394.194. E pensare che a febbraio era stato raggiunto il picco di 1.406.057 residenti ufficiali. Responsabile del calo non solo l’altissimo tributo in vittime da coronavirus, 2.200, che Milano ha pagato, ma anche la fuga di giovani e lavoratori che per ora non si arresta.