Restano chiusi anche i campi di calcio, fino a inizio maggio niente allenamenti nemmeno per la Serie A

Restano chiusi anche i campi di calcio, fino a inizio maggio niente allenamenti nemmeno per la Serie A

Restano chiusi anche i campi di calcio, fino a inizio maggio niente allenamenti nemmeno per la Serie A


Il mondo del calcio prova comunque a chiudere la stagione

La proroga delle misure restrittive contro il coronavirus fino al 3 maggio riguarda anche gli allenamenti degli sportivi. Quindi, come era prevedibile, per altre tre settimane nessuna squadra riprenderà a lavorare. Una situazione che non fa piacere agli irriducibili del “riprendiamo”. Che avevano pianificato una forma alternativa di allenamenti, con gruppi ristretti di giocatori per non creare assembramenti in campo e negli spogliatoi. Il ministro dello sport Vincenzo Spadafora ha spazzato via ogni dubbio e ha scritto: “E' indispensabile che, anche per il perdurare della situazione emergenziale, la ripresa delle sedute di allenamento non avvenga almeno fino al mese di maggio".


Allenamenti a casa

I calciatori stanno comunque facendo una sorta di smart working. Le società hanno consegnato loro un programma di lavoro a casa per mantenersi in forma: tutti o quasi dispongono di una mini-palestra, di un giardino o almeno di un terrazzo. La parte atletica è garantita, ma mancano la parte tattica e il lavoro di squadra. E soprattutto il pallone. Se a inizio maggio non ci saranno altri rinvii, dopo un mese è ipotizzabile il ritorno della serie A, ovviamente a porte chiuse, senza pubblico. Per concludere il campionato mancano 12 giornate, oltre a quattro partite che devono essere recuperate. Tenendo ritmi serrati si potrebbe chiudere verso la fine di luglio. Per poi dedicarsi alla coppa Italia, mancano il ritorno delle semifinali e la finale. E soprattutto alle coppe europee.


È tutta teoria

Ma questo programma è pura teoria fatta di verbi al condizionale. Tutto naturalmente dipende dall’andamento del coronavirus in Italia e in Europa. Da più parti si sostiene che in caso di ulteriori ritardi, pur di chiudere questa stagione, ci si potrà spingere fino all’autunno inoltrato. Ma questo significherebbe compromettere anche la prossima annata, che peraltro culminerà con i campionati europei.

Lo strappo con gli altri sport

In Italia c’è chi ha già alzato bandiera bianca: il basket, la pallavolo e altre discipline sportive hanno già dichiarato conclusa la stagione. Il calcio non vuole mollare. Il presidente del Coni Giovanni Malagò ha mandato una frecciata neanche troppo mascherata: “Il mondo dello sport in modo quasi unanime sta andando alla chiusura. E' un dato di fatto, è sotto gli occhi di tutti, negarlo sarebbe ridicolo e ipocrita che il calcio vuole andare avanti e quindi si mette in una situazione diversa rispetto alle altre discipline, questo è sicuramente un fatto ormai acclarato".

Il calcio fa storia a sé

Non si è fatta attendere la replica del presidente della Federcalcio Gabriele Gravina: "Tutti si fermano e il calcio no? Non entro nel merito delle scelte che hanno adottato le altre discipline; il calcio ha una sua specificità, lo è per dimensione, per partecipazione e per impatto economico". Può piacere o no: ma è un fatto che il calcio in Italia ( e non solo) abbia una dimensione diversa da altre discipline. E’ seguito da milioni di tifosi e fa girare un sacco di soldi. Logico che cerchi il più possibile di evitare un tracollo economico, che – per chiudere con una immagine stucchevole e stereotipata- non riguarderebbe soltanto “gli strapagati e viziati giocatori”. 


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