Ripartenza difficile per la Serie A, il ministro Spadafora parla di percorso sempre più stretto, ma Lega e federazione non si arrendono

Ripartenza difficile per la Serie A, il ministro Spadafora parla di percorso sempre più stretto, ma Lega e federazione non si arrendono

Ripartenza difficile per la Serie A, il ministro Spadafora parla di percorso sempre più stretto, ma Lega e federazione non si arrendono


Il ministro per lo sport tentato dal modello Francia, dove tutte le competizioni sportive sono state annullate; il calcio, per non fallire, ha bisogno di ripartire. Per questo si cerca un dialogo diretto con il premier Conte, e non si esclude l’ipotesi play off per chiudere la stagione; nel frattempo Dybala è sempre positivo al Covid

Percorso stretto

Il clima di ottimismo che si respirava la scorsa settimana sembra essersi raffreddato. Non è affatto scontato che il campionato di serie A possa riprendere in tempo utile per completare la stagione, giocando tutte le partite rimanenti. Il ministro dello sport Vincenzo Spadafora, che - per usare un eufemismo - è sempre stato piuttosto prudente sulla ripartenza, nelle ultime ore ha rincarato la dose: “Il percorso per la ripartenza è sempre più stretto, è meglio iniziare a pensare a un piano B; sarà il comitato tecnico scientifico a dare le indicazioni, il protocollo presentato dalla Lega Serie A non è stato ritenuto idoneo. La prudenza è l’unico spiraglio per ripartire”.

Bisogno di ripartire

Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Calciatori, nei giorni scorsi aveva sottolineato come per il calcio sia indispensabile cercare una ripartenza, ma ora ammette che “ripartire sarà come scalare lo Zoncolan” (salita tra le più dure e impegnative di quelle affrontate dai ciclisti durante il Giro d’Italia, ndr). Tommasi peraltro si lamenta con il ministro Spadafora di un atteggiamento poco collaborativo, quasi discriminatorio, nei confronti del mondo del calcio. Ci si chiede perché un nuotatore a partire dal 4 maggio potrà allenarsi, mentre un calciatore no. Si tratterebbe naturalmente di sedute individuali. Che tra il governo e le istituzioni calcistiche non corra buon sangue, ormai pare evidente. I club, forti del peso specifico dell’Azienda Calcio, chiedono di poter interloquire direttamente con il premier Giuseppe Conte.

Torna l’idea play off 

A gestire questa situazione non facile c’è il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina: anche lui è più che convinto della assoluta necessità di ripartire (“non sarò io il becchino del calcio italiano”, aveva detto un paio di settimane fa), ma giustamente cerca di mediare e tiene aperta più di una finestra. Se il 18 maggio non riprendessero gli allenamenti di gruppo, difficilmente il campionato potrebbe ripartire entro la prima decade di giugno; e di conseguenza non potrebbe concludersi entro il 2 agosto, come chiesto dalla Uefa. Potrebbe dunque tornare d’attualità l’idea di disputare play off per lo scudetto e le coppe e play out per evitare la retrocessione. Così si dovrebbe giocare un numero decisamente inferiore di partite, quindi servirebbe meno tempo. C’è chi opportunamente sottolinea che non si possono cambiare le regole in corsa, ma siamo di fronte a una emergenza tale da giustificare una eccezione. Siamo tutti d’accordo che sarebbe meglio chiudere la stagione disputando tutte le partite rimanenti; ma se non si può, meglio affidare i verdetti a un numero limitato di gare, piuttosto che abbassare subito la saracinesca, come ieri hanno deciso di fare in Francia. Il che porterebbe a un devastante danno sul piano economico.


Il caso Dybala

Certo, è chiaro a tutti che la salute non deve passare in secondo piano. Si deve ripartire in condizioni di sicurezza. Il che non significa a zero rischi ( situazione al momento impossibile da ottenere, anche al di fuori dello sport), ma con rischi calcolati e molto limitati. Anche perché non si deve dimenticare che il virus è duro da estinguere. Paulo Dybala è risultato positivo anche al quarto tampone cui è stato sottoposto; non ha più sintomi, ma la guarigione ancora non arriva. L’argentino della Juventus era risultato positivo al Covid-19 lo scorso 21 marzo. Dopo quaranta giorni di isolamento, ancora non vede la luce.



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