05 dicembre 2024, ore 11:00
La ragazza è stata bloccata a Malpensa poco prima di imbarcarsi per la Turchia e raggiungere la Siria
Non stava andando in Turchia per raggiungere la Siria e arruolarsi tra i combattenti dell’Isis, ma semplicemente per sposare un ragazzo conosciuto sui social. Questa la versione presentata agli inquirenti da Hafsa Bakari Mohamed, la 19enne kenyota fermata a Malpensa cinque giorni fa mentre stava per imbarcarsi su un volo diretto a Istanbul. La ragazza era stata notata da tempo per i post inneggianti alla guerra santa e al “sacrificio per la causa islamista” dalle forze dell’ordine. Ieri l’interrogatorio di fronte al gip.
I messaggi sui social
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la 19enne, originaria del Kenya ma domiciliata a Carugate (in provincia di Milano), era pronta ad arruolarsi tra le file dei combattenti islamici in Siria. Dall’ordinanza di custodia in carcere redatta del gip Luca Milani emerge chiaramente la volontà di “partire per i teatri di guerra” che non sarebbe stata “casuale e sconsiderata, ma frutto di accordi con referenti dello Stato islamico o altre associazioni terroristiche che operano in quell’area”. La ragazza sarebbe stata arruolata tra i combattenti e l’ipotesi di un inserimento sul campo si stava concretizzando.
Nel documento si parla di “proselitismo e di mitizzazione dell’integralismo religioso” che la giovane avrebbe portato avanti attraverso i social Instagram e Tik Tok, spazi digitali nei quali pare inneggiasse ad “atti di violenza contro il mondo occidentale”. Dalle indagini sarebbe inoltre emersa un’attività di ricerca spasmodica di contatti in Medio Oriente, in particolare sul territorio siriano, uno dei luoghi più caldi dove i terroristi stanno operando per destabilizzare il governo locale. Nei suoi post faceva spesso riferimento alla “Muhajir”, il sacrificio per la causa islamista, mettendosi apertamente a disposizione della guerra santa e utilizzando anche le emoticon della bandiera nera dell’Isis. “Jihad – si legge in uno dei suoi post – sta più a significare lotta contro i nemici […] non vuoi meritare il livello più alto in Paradiso?”. Sui social mostrava una pistola giocattolo (attualmente posta sotto sequestro) e pubblicava foto mentre sparava con un fucile ad aria compressa. In giro si presentava col niqab, la veste che lascia scoperti solo gli occhi. Una visione integralista della propria religione che pare avesse incrinato anche i rapporti con la propria madre, alla quale aveva più volte risposto: “Mi dicevi che non sono tua figlia perché non metto il velo?”. Nel corso dell’interrogatorio con il gip ha riconosciuto le proprie “idee conservatrici circa la religione islamica”, una fede che si sarebbe radicalizzata di fronte – ha dichiarato - “alle immagini di uomini e donne mussulmani torturati e bruciati”.
Il viaggio
Per mettere in pratica quanto scritto online la ragazza stava pianificando il proprio arrivo in Siria attraverso un viaggio per la Turchia. Sui social pare avesse preso contatti con un utente localizzato in Turchia, tale Yusif. Il 28 novembre era andata a Malpensa per chiedere informazioni e provare a comprare un biglietto per Istanbul, sempre vestita con il niqab e con uno zainetto nascosto sotto la giacca. Il 29, poi, era finalmente riuscita a ottenere un ticket di sola andata con partenza il 30: l’aereo l’avrebbe portata ad Ankara attraverso uno scalo a Istanbul.
Nel corso dell’interrogatorio la 19enne ha affermato di voler partire per sposarsi con un ragazzo di 23 anni conosciuto sui social. Davanti all’ipotesi di recarsi in Siria per combattere, ha affermato di non avere intenzione di raggiungere quel territorio con il fine di imbracciare le armi in prima persona, ma “solo” per ammirare “uomini e donne che lottano per salvaguardare il proprio credo in nome dell’Islam”.